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Questo il carrello con cui mercoledì 25 ottobre giravo per Roma |
La signora del 548 è tornata. La sua nuova apparizione avviene in un giorno di saluti, giorno di antivigilia, di partenze e ripartenze. Avviene su un bus diverso, quel 451 di antica percorrenza che segna un tragitto diretto verso la meta.
La sua voce giunge alle mie orecchie mentre i miei occhi sono rivolti all’insù, a scorgere le imposte di un ultimo piano assolato su viale Togliatti, provando a immaginare la vita che si cela dietro quelle imposte baciate dal sole, a pochi passi da Cinecittà.
“Conosco questa voce...” mi dico, mentre mi giro e cerco di collocarla nello spazio del mezzo pubblico e nel tempo di questa mia vita romana. È di spalle, vedo solo una porzione di capelli e un carrello della spesa, blu navy a pois bianchi. Mi sembra di ricordare quel tono, anche se le parole pacate lasciano un dubbio al mio tentativo di far combaciare i pezzi del puzzle. Poi, la frase che fa scattare l’ingranaggio: «Aò, ho buttato tre buste de monnezza sta-matina, laggente me stava a guardà… ma che c’hanno da guardà, n’a fanno ‘a monnezza? S’a magnano?».
Mentre mi avvicinavo alla porta di uscita l’ho vista: era lei, con quell’espressione di corrucciata quotidianità, con le mani esili e i pantaloni-tuta di cotone, la piccola frangia a coprire una porzione di fronte e quelle labbra farlocche che emergono come un canotto sul bianco ovale del suo viso.
Arrivederci giovane signora del bus: mentre vado via sorrido notando che, come lei, anche io oggi giro per Roma con un carrello della spesa.
“Conosco questa voce...” mi dico, mentre mi giro e cerco di collocarla nello spazio del mezzo pubblico e nel tempo di questa mia vita romana. È di spalle, vedo solo una porzione di capelli e un carrello della spesa, blu navy a pois bianchi. Mi sembra di ricordare quel tono, anche se le parole pacate lasciano un dubbio al mio tentativo di far combaciare i pezzi del puzzle. Poi, la frase che fa scattare l’ingranaggio: «Aò, ho buttato tre buste de monnezza sta-matina, laggente me stava a guardà… ma che c’hanno da guardà, n’a fanno ‘a monnezza? S’a magnano?».
Mentre mi avvicinavo alla porta di uscita l’ho vista: era lei, con quell’espressione di corrucciata quotidianità, con le mani esili e i pantaloni-tuta di cotone, la piccola frangia a coprire una porzione di fronte e quelle labbra farlocche che emergono come un canotto sul bianco ovale del suo viso.
Arrivederci giovane signora del bus: mentre vado via sorrido notando che, come lei, anche io oggi giro per Roma con un carrello della spesa.