venerdì 27 ottobre 2017

Sul 451 #storiedibus

Questo il carrello con cui mercoledì 25 ottobre giravo per Roma
La signora del 548 è tornata. La sua nuova apparizione avviene in un giorno di saluti, giorno di antivigilia, di partenze e ripartenze. Avviene su un bus diverso, quel 451 di antica percorrenza che segna un tragitto diretto verso la meta.
La sua voce giunge alle mie orecchie mentre i miei occhi sono rivolti all’insù, a scorgere le imposte di un ultimo piano assolato su viale Togliatti, provando a immaginare la vita che si cela dietro quelle imposte baciate dal sole, a pochi passi da Cinecittà.
“Conosco questa voce...” mi dico, mentre mi giro e cerco di collocarla nello spazio del mezzo pubblico e nel tempo di questa mia vita romana. È di spalle, vedo solo una porzione di capelli e un carrello della spesa, blu navy a pois bianchi. Mi sembra di ricordare quel tono, anche se le parole pacate lasciano un dubbio al mio tentativo di far combaciare i pezzi del puzzle. Poi, la frase che fa scattare l’ingranaggio: «Aò, ho buttato tre buste de monnezza sta-matina, laggente me stava a guardà… ma che c’hanno da guardà, n’a fanno ‘a monnezza? S’a magnano?».
Mentre mi avvicinavo alla porta di uscita l’ho vista: era lei, con quell’espressione di corrucciata quotidianità, con le mani esili e i pantaloni-tuta di cotone, la piccola frangia a coprire una porzione di fronte e quelle labbra farlocche che emergono come un canotto sul bianco ovale del suo viso.
Arrivederci giovane signora del bus: mentre vado via sorrido notando che, come lei, anche io oggi giro per Roma con un carrello della spesa.

Click

Questo il mio orizzonte alle 3.29 del 22 ottobre 2017

Un click per interrompere, un click per iniziare.
Per la prima volta ho fatto partire una canzone in radio, in diretta. È una lunga notte: fuori il mondo sembra pacificato, qui è c’è una gran calma e la voce di David Bowie fluttua su tutto questo silenzio. L’odore della birra scura dal sapore di caffè riempie l’aria racchiusa nella circonferenza che ha come raggio la distanza tra il bicchiere e il mio naso.
Nello schermo che registra ogni picco del suono della musica trasmessa, c’è un riquadro in cui si vedono i microfoni, le cuffie, la postazione di chi da questa stanza di legno chiaro parla nel cuore della notte a quanti sono svegli, a chi non riesce a dormire, a chi lavora, a chi vaga senza una meta.
A chi si mette in ascolto, prima ancora di sentire, per accogliere parole donate al mondo.

3.29, calma e pace. Mi guardo attorno, scruto, tra poco forse dormirò un po’.
Piccole cose che mi fanno stare bene.

lunedì 16 ottobre 2017

Le stelle che brillano sempre


Oggi è uno di quei giorni in cui guardo il calendario con il cuore prima ancora che con gli occhi, perché ci sono giorni che sono impressi più di altri e sono destinati a restarlo sempre. 

È capitato poi che, mentre leggevo tra le righe di cose scritte in passato, ho ritrovato una cosa scritta il 29 agosto del 2010, nelle calde ore pomeridiane (erano le 16.31), quando l’estate non era ancora finita ma le mie ferie si, e mi trovavo a fare i conti con esperienze vissute e desideri in divenire. Ma in quei giorni pensavo anche ad altro. Erano i giorni in cui leggevo tutto d’un fiato Il piccolo principe e ogni pagina sembrava suggerirmi qualcosa. Da nove mesi vivevo a Roma e il mese delle stelle cadenti mi stava consegnando inattese novità.

Oggi se ripenso alle stelle che ricopiai tra i miei appunti più di 7 anni fa, penso a una stella lontana anni luce che continua a brillare. Brilla negli occhi di una giovane donna a Milano, cresciuta prima del tempo, che consegna ogni giorno una rinnovata – seppur a tratti difficile – voglia di vivere al suo meraviglioso bambino.


Le stelle (Il piccolo principe)
29 agosto 2010 alle ore 16:31
"Gli uomini hanno delle stelle che non sono lo stesse.
Per gli uni, quelli che viaggiano, le stelle sono delle guide.
Per altri non sono che delle piccole luci.
Per altri, che sono dei sapienti, sono dei problemi.
Per il mio uomo d'affari erano dell'oro.
Ma tutte queste stelle stanno zitte.
Tu, tu avrai delle stelle come nessuno ha..."
"Che cosa vuoi dire?"
"Quando tu guarderai il cielo, la notte,
visto che io abiterò in una di esse,
visto che io riderò in una di esse,
allora sarà per te
come se tutte le stelle ridessero.
Tu avrai, tu solo, delle stelle
che sanno ridere!"

(Antoine de Saint-Exupery)



domenica 8 ottobre 2017

Il risotto al radicchio di Carmen

Il risotto al radicchio di Carmen
Galeotto fu il risotto e chi lo mantecò. È questo quello a cui pensavo oggi, a ora di pranzo, mentre per casa aleggiava un profumo delizioso di risotto al radicchio.
Facendo mente locale e un calcolo che è stato un vero e proprio salto nel tempo, io e la mia amica Carmen abbiamo quantificato l’arco temporale che da un risotto a un altro ci ha fatto pranzare insieme oggi, dopo 10 anni*.

Nel 2007-2008 ero alle prese con tutte le esperienze umane, universitarie, lavorative e parrocchiali, formative, curriculari ed extracurriculari, che riuscissi a mettere insieme in 24 ore. E a volte 24 ore sembravano non bastare. Dai diversi luoghi della vita mia e di quella delle persone della mia vita, a un certo punto della giornata un vortice di storie si riuniva in un luogo della mia città, Salerno, per mangiare insieme. A volte era casa mia, e magari eravamo solo io e il mio amico Ilario, davanti a lagane e fagioli e lagane e ceci, dopo che la lavanderia “Ondablu” aveva terminato l’ultimo turno. Ma il luogo per antonomasia in cui ci ritrovavamo era proprio casa di Ilario, Lallo per gli amici (e altri nomi improponibili quando si sarebbe trasferito a Londra…), il primo tra noi ad essere andato a vivere da solo. A casa di Lallo sono stati narrati fatti inenarrabili e storie tragicomiche; sono nate storie di una notte e storie di una vita. Ci sono state alcune delusioni. Ma, più di tutto, sono nate nuove, belle, sincere, autentiche, grandi amicizie.

L’amicizia è sacra. Gli anni della mia infanzia sono legati indissolubilmente ai ricordi degli amici cari. L’asilo, le scuole elementari; le lunghe e caldi estati, profumate di crema solare e pizzette; le scuole medie e le prime liti, le scuole superiori e le grandi domande. Per me gli anni della piccolezza in crescita sono mia sorella di sempre Ilaria e mia sorella di vita Miki, mio fratello Francesco - il piccolo di casa - mio cugino Andrea, Mattia e Giovanni,  e poi le “prime volte” che sono seguite. Queste persone hanno “fatto la base” delle mie relazioni, un po’ come quando esci a bere qualcosa con gli amici e mangi per farti la base per affrontare e sostenere tutto, per non farti cogliere impreparato. Senza di loro non sarebbe venuto il resto o, semplicemente, le cose non sarebbero state come sono state. Così, quando sono arrivati gli anni di “quando divento grande”, ho accolto con gioia la nuova ondata di persone che si sono affacciate nella mia vita.  

Work in progress

Quella sera a casa di Lallo, manco a dirlo, c’erano molte persone. Fuori pioveva e arrivammo un po’ alla spicciolata, chi prima chi dopo, chi molto dopo per vari motivi. Ognuno portava qualcosa, ma c’era sempre quello che si imbucava contando sull’abbondanza altrui. Una sorta di “portoghesi casalinghi” che scavalcavano il portone e la porta di ingresso e si accomodavano a tavola. Quelli erano gli anni in cui la mamma di Ilario preparava teglie e teglie di lasagna al forno per le partite di rugby di Lalluccio, per quel terzo tempo che oggi, a pensarci, io e Carmen ci andremmo con tanto piacere! 

Quella sera sul tavolo c’era del pane da tagliare e del salame da affettare, e come nella migliore tradizione delle serate da Lallo le battute si sprecavano. Ai fornelli c’era lei, la rossa, che si destreggiava tra due padelle di risotto al radicchio, mantecando un po’ alla volta questa grande quantità di cibo che – mi sembra di sentirli anche ora – ci chiedevano a gran voce dal salotto. 
Io l’avevo vista nella redazione del quotidiano in cui facevamo gavetta e, lei lo sa, mi incuteva uno strano timore reverenziale. Non so perché, ma emanava una grande serietà e professionalità mentre scriveva i pezzi al pc. Ora, non che Carmen non sia seria e professionale, ma quando gliel’ho detto la prima volta mi ha riso in faccia.
Dinanzi a quel risotto qualcosa è cambiato. Si dice che le grandi alleanze si stipulino a tavola, tra un piatto prelibato e un buon bicchiere di vino: il piatto prelibato lo ha preparato lei, a un certo punto il vino l’ho aggiunto anche io, direttamente nella padella, perché il brodo era finito e in qualche modo bisognava pur cuocere il riso…

San Simon e burro

Quando oggi preparavo gli ingredienti per questo secondo risotto al radicchio, una serie di ricordi si sono centrifugati nella mia testa, mentre Carmen mi prendeva in giro dicendo “Mi hai invitata a Roma per mangiare a tavola franca!”, “Eccert”. La forza di questo risotto al radicchio è nella scelta degli ingredienti, nella modalità di preparazione, nelle varianti che hanno, tra l’altro, il sapore del taleggio, nella certezza di un brodo abbondante e di un San Simon generoso. E poi in quel pizzico di esserci, condivisione, casacadutaggine, risate e non, sguardi obliqui e dita a V, viaggi in Irlanda e serate birrose. E ritorni a casa. Ieri, oggi, presto. 



*Per il risotto ci sono voluti circa 10 anni ma io e Carmen ci vediamo spesso, spessissimo. Tra poco ancora di più (per la sua felicità!).

Mano nella mano

All’improvviso una mano afferra la mia nel tentativo di placare il panico e, mentre mi giro, vedo due occhi fermi e rassicuranti, dritti nei...