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Mia nonna Vincenza si divertiva a scattare foto a noi nipotini. Qui sono
a casa dei nonni materni,
un ricordo che rivive ogni volta che da casa mia mi affaccio e guardo "la
finestra di fronte"
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Mi è capitata una cosa molto bella, pochi giorni fa. Di una bellezza che mi ha colpita per la sua franca semplicità, non dovuta, non attesa. Gli occhi profondi e i capelli bianchi di un uomo stanco e ricurvo sul suo dolore mi hanno guardato, le mani protese verso le mie, mentre il cuore consegnava alle labbra poche parole: “Sei brava, ragazzina”.
Qualche mese fa ho comprato il nuovo album dei Baustelle, “L’amore e la violenza”, una raccolta di canzoni che ogni volta mi sembra che Bianconi e compagnia non possano fare di meglio e, invece, ogni volta mi sbaglio. Tra le canzoni ce n’è una che mi sconquassa tutta perché è delicata e semplice, il canto d’amore di un padre timido eppur custode di parole e sentire come pochi. La canzone che il padre dedica alla sua “Ragazzina” – è questo il titolo – “Gambe secche che passeggi tra i coralli”, è lo sguardo di un padre che guarda e prova a tenerle la mano mentre attorno è tutta un’inquietudine, in sospensione tra il vivere e il morire, tra Biancaneve e la strega, in un mondo che “sbuccia le ginocchia e fa sanguinare”.
“Ma tu invece lo continui ad abbracciare (il mondo) e non lo lasci più”, perché i bambini sono così, vanno incontro alle cose e le prendono con sé.
“Ragazzina” è il vezzeggiativo con cui Christopher chiama sua figlia Rory, nel (meraviglioso) telefilm “Una mamma per amica”, e lo fa nelle puntate andate in onda un annetto fa, con una Rory 32enne che si ritrova a fare i conti con quella fase della sua vita: perché si cresce e ci sono i sogni da coltivare, il mondo da abbracciare, streghe da conoscere, mele da evitare, orchi da allontanare e principi (?) da amare, ma arriva quel momento lì e non puoi fare altro che rallentare fino a fermare il tempo. La ragazzina Rory aveva dissodato il campo dell'ignoranza, irrigandolo e fortificandolo di esperienze e conoscenza, zaino in spalla e via verso il mondo. Poi la vita non è quasi mai quella che ti eri immaginata (eh, lo so che è una frase fatta ma se si dice “la saggezza degli antichi” ci sarà pure un motivo) e quindi ti ritrovi a riavvolgere il nastro per riascoltarlo.
E allora rivedo la ragazzina che ero, con le orecchie un poco a sventola che il tempo ha domato, con le codine e i ricci che – invece – si sono fatti sempre più indomiti; le gambe secche che si sono arrotondate e sono cresciute ma poco, gli occhi verdi sempre vigili e resi miopi dalla lettura; la curiosità del primo libro rimasta intatta ogni volta che una nuova porzione di mondo si fa spazio tra le mani e gli scaffali della mia libreria; i sogni ricorrenti e quelli infranti, i pensieri stupendi e quelli no; i vuoti e i pieni, il tempo di fermarsi.
Rivedo la ragazzina di ieri e trovo la ragazzina di oggi, con le rughe di espressione, qualche cicatrice in più e sbucciature di ginocchia in meno, ma una rinnovata voglia di “abbracciare il mondo”.
Torno allo sguardo carico di anni che mi ha chiamato “ragazzina” e allo stupore che si è disegnato sul mio viso. Solo ora mi accorgo che quelle parole erano un abbraccio per la donna di oggi.
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