venerdì 25 agosto 2017

Modalità memories: ON

Lungomare di Salerno - agosto 2017 - ore 7.40






Stamattina presto, mentre il giorno si palesava nell'aria e il silenzio si rompeva sempre più, pensavo a mia sorella e alla sua famiglia in partenza per casa loro, a Strasburgo; pensavo ai 1289 km che separano la loro quotidianità da quella di tutti noi qua. Nella mia testa riflessioni e parole hanno iniziato a farsi spazio. Ma poi la giornata mi ha messo di fronte a pensieri e parole del passato, a note e appunti di giorni lontani nel tempo e nello spazio, ed eccomi qua.
I pensieri di oggi hanno bisogno di più tempo per
essere elaborati. Oggi sul mio blog attivo la modalità memories. Vediamo cosa scrivevo qualche anno fa.

12 gennaio 2009
Rjabinin (da L'elegenza del riccio - Muriel Barbery)
"…La più bella scena di Anna Karenina è ambientata a Pokrovskoe. Levin, cupo e malinconico, cerca di dimenticare Kitty.
È primavera, va nei campi a falciare con i suoi contadini. All’inizio il lavoro gli sembra troppo duro. Sta per implorare pietà, quando il vecchio contadino che guida la fila ordina una pausa. Poi la falciatura riprende. Levin è di nuovo allo stremo delle forze, ma il vecchio alza una seconda volta la falce. Riposo. E la fila si rimette in cammino, quaranta individui che abbattono le andane e avanzano verso il fiume mentre sorge il sole. Fa sempre più caldo, le braccia e le spalle di Levin sono inondate di sudore, ma tra pause e riprese i suoi gesti, inizialmente maldestri e dolorosi, si fanno sempre più sciolti. All’improvviso una beata frescura gli copre la schiena. Pioggia d’estate. A poco a poco Levin libera i movimenti dal peso della volontà, entra nella leggere trance che, senza riflessione né calcolo, conferisce ai gesti la perfezione delle azioni meccaniche e consapevoli, e la falce sembra muoversi da sola mentre Levin si delizia dell’oblio, nel movimento che rende il piacere di fare meravigliosamente estraneo agli sforzi della volontà.

È ciò che succede in tanti momenti felici della nostra esistenza. Sollevati dal fardello della decisione e dell’intenzione, navigando sui nostri mari interiori, assistiamo ai nostri movimenti come se fossero le azioni di un altro e tuttavia ne ammiriamo l’involontaria eccellenza. Quale altro motivo potrei avere io per scrivere questo, il ridicolo diario di una portinaia che invecchia, se non che la scrittura somiglia all’arte del falciare? Quando le righe divengono demiurghi di se stesse, quando assisto, come un miracoloso insaputo, alla nascita sulla carta di frasi che sfuggono alla mia volontà e che si imprimono sul foglio mio malgrado, esse mi fanno conoscere quello che non sapevo né credevo di volere, gioisco di questo parto indolore, di questa evidenza non calcolata, e del fatto che seguo senza fatica né certezza, con la felicità delle meraviglie sincere, una penna che mi guida e mi porta.

Come facciamo presto, dall’apparenza e dalla posizione, a trarre conclusioni sull’intelligenza di tutti gli esseri…Rjabinin, che conta le sabbie del mare, abile commediante e manipolatore arguto, non si cura dei pregiudizi che gravano su di lui. Nato intelligente e paria, la gloria non lo interessa; lo spingono sulle strade del mondo solo la promessa del profitto e la prospettiva di andare a derubare garbatamente i signori di un sistema idiota che lo disprezza ma non sa frenarlo. Così sono io, povera portinaia rassegnata alla mancanza di fasti – ma anomalia di un sistema che per questo si rivela grottesco e del quale, ogni giorno, mi burlo sottovoce nella mia interiorità inaccessibile a chiunque".

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