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La porta della mia camera di Roma :) |
Avevo scritto alcune parole poco più di un mese fa, la notte prima di tornare a Salerno, a poche ore dal mio trasloco di rientro dopo 8 anni di vita fuori casa. La mia stanza di Roma, che nel corso degli anni si era arricchita e colorata di segni e passaggi di vita, era spoglia e piena di echi di parole, di risate, di silenzi, di cose sussurrate o dette a gran voce.
Avevo deciso di scrivere per fermare su un foglio, seppur elettronico, quello che con grande immediatezza e fluidità di pensiero si stava dipanando dentro di me. Pensavo di avere scritto pensieri confusi, che la stanchezza e tutto il resto avessero calato una nube di imperscrutabilità, e invece no. Ho impiegato più di un’ora per ritrovare quel file e proprio mentre credevo di non poter rileggere quelle parole, sono ricomparse. E devo dire che, nonostante il limbo, tutto era molto più chiaro di quanto pensassi.
Roma, 29 novembre 2017
h. 00.30
Stanotte si va a braccio. Non che di solito ci sia un canovaccio nei miei pensieri: arrivano, a volte con un garbato “toc toc”, a volte in modo irruento, e si fanno strada nella mente, tra i tasti del computer, in una corsa digitale per stare dietro al fiume in piena di cose da provare a fermare attraverso le parole.
8 anni fa avevo deciso di partire: la laurea era un fatto recente, la prospettiva del primo lavoro post università era quasi una certezza e così, mentre iniziava ufficialmente la crisi economica, io entravo nel mondo del lavoro. 8 anni sono molti, ci stanno dentro due anni bisestili – se il conto è fortunato anche 3 – un ciclo di scuola materna ed elementare, o anche elementare e medie; le superiori e la laurea triennale in tempo record. In 8 anni stanno dentro incontri, frequentazioni, conoscenze, decisioni, innamoramenti, delusioni, grandi amori. In 8 anni ci sta tutto e il contrario di tutto – perché di certezze ce ne sono poche e “del diman”, del resto, si sa.
Avevo deciso di scrivere per fermare su un foglio, seppur elettronico, quello che con grande immediatezza e fluidità di pensiero si stava dipanando dentro di me. Pensavo di avere scritto pensieri confusi, che la stanchezza e tutto il resto avessero calato una nube di imperscrutabilità, e invece no. Ho impiegato più di un’ora per ritrovare quel file e proprio mentre credevo di non poter rileggere quelle parole, sono ricomparse. E devo dire che, nonostante il limbo, tutto era molto più chiaro di quanto pensassi.
Roma, 29 novembre 2017
h. 00.30
Stanotte si va a braccio. Non che di solito ci sia un canovaccio nei miei pensieri: arrivano, a volte con un garbato “toc toc”, a volte in modo irruento, e si fanno strada nella mente, tra i tasti del computer, in una corsa digitale per stare dietro al fiume in piena di cose da provare a fermare attraverso le parole.
8 anni fa avevo deciso di partire: la laurea era un fatto recente, la prospettiva del primo lavoro post università era quasi una certezza e così, mentre iniziava ufficialmente la crisi economica, io entravo nel mondo del lavoro. 8 anni sono molti, ci stanno dentro due anni bisestili – se il conto è fortunato anche 3 – un ciclo di scuola materna ed elementare, o anche elementare e medie; le superiori e la laurea triennale in tempo record. In 8 anni stanno dentro incontri, frequentazioni, conoscenze, decisioni, innamoramenti, delusioni, grandi amori. In 8 anni ci sta tutto e il contrario di tutto – perché di certezze ce ne sono poche e “del diman”, del resto, si sa.
Ricordo come se fosse ieri un pomeriggio di the, cioccolata calda e biscotti tra amiche, una piacevole e confortevole parentesi di calore umano e affetto autentico prima di andare via. Ero forse Ulisse? Non lo so. Tra gli affetti che mi sono stati sempre vicini potrei riscontrare diverse forme di Penelope pronte ad attendere il mio ritorno. Di certo mi sono sempre sentita Jo, l’irrequieta protagonista di quelle Piccole donne che hanno segnato la mia crescita. Suo e mio è il sentire la necessità di buttare fuori quel mondo che pulsa dentro, di respirare, di andare oltre, di non sostare, di non stare nello stesso posto per troppo tempo, alla ricerca di qualcosa che ha bisogno di tempo per farsi conoscere, per farsi trovare.
Sono partita consapevole che avrei avuto di fronte a me mari da attraversare e città da conoscere, peripezie da vivere e difficoltà da affrontare. Ho camminato verso la mia Itaca andando a tentoni, tastando quanto mi circondava, provando a prendere le misure; fidandomi, a un tratto, del mio senso di orientamento, tra qualche cosa fatta bene e qualche caduta. Non rinnego nulla di questi 8 anni, nemmeno una decisione, anche se ora non vivrei tutto allo stesso modo. Guardo alla me che 8 anni fa ha iniziato un cammino e provo a fermarmi un attimo. C’è bisogno di prendere un grosso respiro perché l’approdo di oggi non è facile. Non è stato semplice decidere di rimettersi in viaggio, di ricominciare daccapo, di ripartire dal via anche se questo non è il gioco dell’oca o un passaggio del Monopoli e tanto meno ci sono alberghi costruiti a Piazza della Vittoria.
Quel pomeriggio, prima di ricevere le mie amiche, preparai per ciascuna di loro un piccolo rotolo di carta d’Amalfi con inscritta una poesia. L’avevo letta un po’ di tempo prima e mi era piaciuta. Lo so che Itaca mi dona il viaggio, la possibilità di cucirmi addosso le esperienze. Una persona saggia stasera mi ha detto: “I cambiamenti non sono mai facili, ma portano una ventata di aria fresca”.
Ogni volta che leggo la poesia di Konstantinos Kavafis sono grata a queste parole, a Itaca, al suo mito: per questa spinta indomita che mi dà la forza di preparare il mio bagaglio e rimettermi in viaggio.
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
nè nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.
Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.
Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
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