Un anno fa era domenica sera e c'era lo sport d'estate, le prime amichevoli di calcio, il tuo Milan che in questo ultimo campionato ho osservato pensando sempre a cosa avresti detto.
Un anno fa sarebbe stata la tua ultima sera, la tua ultima cena (che poi, non è che tu cenassi la sera, tutt'al più un po' di frutta).
L'ultima volta che avresti preso il pullman, o il passaggio di un amico (io ero già a Strasburgo e non potevo litigare con te per riaccompagnarti a casa).
L'ultima volta che avresti infilato e girato le chiavi nella toppa, fatto scattare la serratura, tolte le scarpe, scrollata di dosso la fatica di una intera e calda giornata d'agosto, la fatica.
L'ultima volta che il tuo telefono avrebbe squillato, inviato suoni e messaggi, parole, risate, sfottò, sentimenti.
È un anno che è passato da quella sera e ricordo bene quello che facevo io, un anno fa, domenica 5 agosto, quando i timori per altro erano ancora vivi e la tua vita ancora lì a farci compagnia. Mentre leggevo, prima di addormentarmi, prima di spegnere la luce.
Ricordo tutto di quella domenica sera e di un risveglio faticoso, come ogni lunedì. E mentre la sveglia suonava e automaticamente muovevo i miei passi, i tuoi si erano appena fermati: il cuore aveva rallentato, trovandoti troppo assorto nel tuo corpo stanco e nei tuoi pensieri bisognosi di riposo per farti rendere conto che la fatica ti stava lasciando, che l'affanno e gli affanni stavano finendo.
Non per noi, che ognuno nel luogo della propria vita siamo stati attaccati dalla tua notizia che ha squarciato l'alba e il silenzio. Troppo giovane, troppo presto, troppo amato.
Io aprivo la porta per uscire e andare a lavoro e tu uscivi dalla porta della tua vita, sornione come il sorriso con cui ci hai accolto, con cui ci hai salutato.
Tengo per me il sentire, è uno scrigno di sentimenti troppo prezioso da serbare gelosamente, un luogo del cuore a cui tornare con la mente non per cadere preda di una malinconia paralizzante ma per ricordare, per tenere vivo il ricordo di una vita, la tua, condivisa e tante volte donata (ah, quelle trecce brioche!). Un luogo a cui tornare per ridere, perché delle tante cose che ricordo di te su tutte si erge l'ironia (e quel manifesto sotto casa per celebrare le esequie dell'Inter).
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Qui è quando ero giovane alla mia laurea, con 10 anni e qualche chilo in meno! |
Poi, però, ci penso ancora un po' e ti ricordo con gli occhi striati di verde - i tuoi - che si facevano rossi perché si riempivano di lacrime che tu ricacciavi indietro, con dignità, per non inciampare nelle stonature.
“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma" (Lavoisier).