mercoledì 12 luglio 2017

La pazienza dei biscotti

I biscotti, dopo tanta pazienza :)

A casa mia la cucina è sempre stata affollata: mamma e papà sono molto bravi ai fornelli e trovare un angolo per iniziare a pasticciare non è stato facile. Forse consideravano me, mia sorella Ilaria e mio fratello Francesco troppo piccoli per imparare; forse i genitori hanno nel DNA l’impellente necessità di provvedere a procacciare, cucinare, distribuire il cibo ai cuccioli. I genitori del Sud, poi, non ne parliamo proprio. Forse è la consapevolezza del luogo. Per stare in cucina ci vuole cognizione, disciplina, un pizzico di brio, una manciata di improvvisazione, una buona dose di elasticità e tanta pazienza. Non q.b. (quanto basta, come indicato nelle ricette) ma con abbondanza e senza lesinare le quantità.
Perché la cucina è una scuola di pazienza. Prima di arrivare ai fornelli, ho imparato la pazienza da piccola in tutta una serie di attività collaterali.
La raccolta dei punti della Centrale del Latte. Posso dire senza timore di essere smentita di aver fatto una lunga gavetta nel taglio preciso e minuzioso dei punti, interi e mezzi punti; di averli incollati uno per uno, singolarmente, e poi rinforzati con la striscia di scotch per non farli scollare. Quando sono andata a lavorare lontano da casa ho lasciato questa importante eredità a mio padre, che mi rende partecipe a distanza dello stato dei lavori.
Le mie nonne mi hanno insegnato a infilare il cotone nella cruna dell’ago, che per mettere il filo di pazienza ce ne vuole. Quando c’era da organizzare qualcosa, man mano che crescevo, “questo fatelo fare a Elsa che è un lavoro di pazienza”.
Da quando vivo da sola e sto a tu per tu con la cucina ho potuto esercitare questa nobile virtù con maggiore naturalezza. Forse è la sua collocazione: affaccia in una corte interna, al riparo dal traffico e dal caos, in un angolo di mondo che vive di vita propria. È qui che la sera tardi e la notte mi rifugio a pazientare.
Mi piace molto cucinare. Una cosa che mi riesce particolarmente bene sono i biscotti. La mia è una ricetta che arriva da lontano, consegnata nel dicembre del 1997 a mia madre “dalla Silvana”, a Bolzano, che a sua volta la conserva come un bene prezioso tramandato dal natio Südtirol. Da lì è scesa fino a Salerno, per allietare i palati e le papille gustative di quanti sono entrati in contatto con mia madre. Poi ho perso il conto della capillarità della diffusione dell’assaggio.
Ho imparato la pazienza dai biscotti, impiegando dai 2 ai 3 giorni per prepararli. Perché il burro deve essere morbido da schiacciare con la forchetta e da impastare; le uova a temperatura ambiente; la farina setacciata e mescolata col frustino a mano insieme allo zucchero, per unire gli ingredienti base. La frolla lavorata bene e lasciata riposare nel frigo, protetta da un abbondante strato di carta cellophane. Lì, per 24 ore, i legami si solidificano in attesa di trovare una nuova forma tre le mie mani. E ancora la sistemazione attenta sulla teglia, la regolazione della temperatura del forno, l'attesa della cottura, il raffreddamento, la decorazione... A volte penso che potrei fare prima ma, come dice mia sorella Ilaria: “In ogni caso le cose, per venire bene, necessitano di tempo”.
Vivo un tempo di attesa in cui sto allenando molto la mia pazienza. Ma, se il forno regge bene la cottura, i biscotti forse stanno per uscire.
  
Per quanti volessero cimentarsi, ecco la ricetta dei biscotti
500 gr farina
200 gr zucchero
3 uova (a temperatura ambiente)
250 gr burro
1 bustina lievito vanigliato (potendo, da sciogliere in un po’ di latte freddo)
1 bustina di vanillina
Tanta pazienza

Cottura (forno a gas)
Preriscaldato a 200°, in forno a 180° per 10 minuti


Mano nella mano

All’improvviso una mano afferra la mia nel tentativo di placare il panico e, mentre mi giro, vedo due occhi fermi e rassicuranti, dritti nei...